Ginecologia

 

La ginecologia è una branca della medicina che si occupa talvolta della fisiologia, ma soprattutto della patologia inerenti all’apparato genitale femminile. È il corrispettivo dell’andrologia, la scienza che si occupa invece della fisiologia e delle disfunzioni dell’apparato riproduttore e urogenitale maschile. Si avvale della figura professionale del medico specializzato in ginecologia e ostetricia, che si occupa della donna in tutte le fasce d’età, dalla pubertà, nel periodo fertile, in menopausa e nella post menopausa. La ginecologia si occupa anche delle problematiche legate alla sfera riproduttiva ed alle tecniche di fecondazione assistita.

UNO SPECULUM VAGINALE

Lo speculum è un dispositivo medico utilizzato per mantenere aperto un orifizio (per esempio le narici, la vagina, l’ano, ma anche l’occhio) in modo da permettere l’effettuazione di analisi o operazioni mediche. Utilizzato prevalentemente in ginecologia, è generalmente prodotto in plastica trasparente e/o acciaio. Inventato dai romani (il primo ritrovamento risulta tra le rovine di Pompei), fu utilizzato fino al Medioevo e poi abbandonato, fino a che il chirurgo francese J.C. Récamier lo reintrodusse per la medicina generale a partire dal 1812.

Il Forcipe è uno strumento utilizzato in ostetricia, nato nel 1572 e inventato da Peter Chamberlen, chirurgo-ostetrico, a Londra

STORIA

L’ugonotto Chamberlen, insieme al figlio, inventò una pinza scomponibile in grado di estrarre il feto dall’utero in caso di distocia (anomalia nello svolgimento del parto). Probabilmente gli Arabi, intorno all’anno Mille, disponevano di un simile arnese di cui però si era persa ogni memoria. Lo strumento è costituito da due branche simili a cucchiai che presentano alla loro estremità una concavità più o meno accentuata. I due componenti del forcipe sono complementari, uno cioè si adatta e viene montato incastrandolo sull’altro (esistono comunque diversi modelli dello strumento che hanno caratteristiche differenti). Spesso lo strumento viene montato dopo averlo applicato sulla testa fetale. Quando pronti, con una trazione verso l’esterno, si aiuta la progressione della testa fetale che così facilita la fuoriuscita dell’intero corpo del nascituro. Il forcipe venne tenuto dai Chamberlen come “segreto di famiglia” per varie generazioni, veniva trasportato in un apposito contenitore e coperto da un sontuoso drappo. Già dal’700 il segreto venne svelato e il forcipe iniziò ad essere utilizzato liberamente, provocando disastri quando veniva usato da mani inesperte.

Oltre alle difficoltà date dall’utilizzo del forcipe vi era anche il lenzuolo, che veniva steso dalle spalle della donna al collo del medico, che non poteva vedere il campo operatorio durante il parto (bisognerà attendere Sir Astley Paston Cooper che, nel 1840, compì la prima mastectomia vedendo veramente quello che stava facendo). L’uso del forcipe subì un’accelerazione nella prima metà del XVIII secolo grazie ai trattati di anatomia chirurgica di Jan Palfijn. Dagli anni cinquanta, con l’introduzione di tecniche antisettiche e anestetiche che resero possibile il frequente ricorso al parto cesareo, l’uso di tale strumento fu quasi del tutto abbandonato anche se in alcune nazioni (Francia e paesi di scuola ostetrica francese) vi è ancora l’abitudine nell’uso dello strumento.

EFFETTI COLLATERALI

In molti casi il suo utilizzo ha provocato casi di cerebrolesione nei neonati, bloccando l’afflusso di sangue al cervello con conseguenze devastanti. In altri casi si sono verificate lesioni alla colonna vertebrale e conseguenti paralisi degli arti oppure traumia alla calotta cranica senza interessamento degli organi interni, con deturpazioni più o meno gravi. Può anche recidere un nervo facciale, causando lievi paralisi del volto, come è successo all’attore Sylvester Stallone.

BUROCRAZIA E ALTERNATIVA

In Giappone l’impiego del forcipe fu proibito dal 1930, con pene detentive per chiunque lo usasse clandestinamente.

Come alternativa al forcipe, si iniziò ad utilizzare una ventosa, che risultò essere più facile e meno rischiosa da usare. Oggi l’uso del forcipe non è proibito ma visto l’alto tasso di complicazioni ed effetti collaterali gli viene preferita la ventosa[1]. È curioso notare a questo proposito come l’utilizzo corretto del forcipe non è più materia d’insegnamento delle scuole di ostetricia.

La ventosa ostetrica (o vacuum extractor) è uno strumento utilizzato per assistere la nascita di un feto quando esistono ostacoli alla sua progressione spontanea. Ha quasi del tutto sostituito il forcipe ostetrico ormai utilizzato, almeno in Italia, molto raramente. Esistono delle condizioni necessarie perché sia possibile l’utilizzo di questo strumento:

– Il feto è in presentazione cefalica.

– Non esistono ostacoli meccanici (tumori ad esempio) alla progressione della testa fetale.

– La dilatazione del collo dell’utero è completa

– La testa deve essere ben impegnata (quindi ben discesa) nel canale da parto.

– L’obiettivo della ventosa è quello di accelerare o facilitare la fuoriuscita della testa del nascituro.

TECNICA

La tecnica prevede l’applicazione di un cappuccio d’acciaio sulla testa fetale. Un compressore determina il vuoto aspirando l’aria tramite un tubo e facendo così aderire tenacemente il cappuccio alla testa del nascituro. L’ostetrico, simultaneamente alle contrazioni uterine ed alle spinte materne, esercita una trazione verso l’esterno che determina la fuoriuscita della testa fetale. A quel punto la ventosa si stacca interrompendo l’aspirazione dell’aria ed il parto può essere completato. La tecnica è abbastanza sicura e comporta rari rischi materni o fetali. Oggi esistono ventose ostetriche di materiale plastico monouso che hanno quasi del tutto sostituito le vecchie ventose con cappuccio in acciaio. Per la buona riuscita della manovra è fondamentale applicare correttamente lo strumento la cui coppa aspirante deve essere posizionata nel cosiddetto “flexion point” o punto di flessione, che si trova tre centimetri davanti la fontanella posteriore.

Se l’applicazione della ventosa fallisce una prima volta (la coppa può staccarsi perché perde tenuta sulla testa fetale), può essere effettuato un secondo tentativo.

IINDICAZIONI NELL’USO DELLA VENTOSA

Sono tre le principali indicazioni nell’uso della ventosa:

– Mancata progressione della testa fetale nel canale da parto (per esempio per scarsità di attività contrattile uterina o mancata collaborazione della partoriente).

– Sofferenza fetale nel secondo stadio del travaglio (quasi sempre diagnosticata da alterazioni della frequenza cardiaca fetale).

– Controindicazioni allo sforzo della fase espulsiva del parto (ad esempio cardiopatie materne) o impossibilità a controllare correttamente le spinte (malattie neurologiche).

CONTROINDICAZIONI ALL’USO DELLA VENTOSA

– Prematurità fetale.

– Presentazione non cefalica (di faccia, podalica, di spalla ed altre).

– Macrosomia fetale.

– Dilatazione non ancora completa.

– Sproporzione feto-pelvica.

– Fratture del bacino materno

– Malattie emorragiche del nascituro

UTILITA’ DELLA TECNICA

– Non è necessariamente richiesta un’episiotomia.

– Non è necessaria un’anestesia.

– I danni fetali sono rari e quasi sempre lievi e passeggeri.

– Rischi inferiori rispetto ad altre tecniche (come l’uso del forcipe).

COMPLICAZIONI

– Il neonato può presentare un transitorio ed innocuo gonfiore nel punto di applicazione della ventosa.

– Rarissimi casi di cefaloematoma o emorragia cerebrale

La ventosa quindi, nonostante possa comportare dei rischi, costituisce un’alternativa sicura all’uso del forcipe durante un parto